15/01/2021 - DIPENDENTE O COLLABORATORE? INTERVIENE LA CASSAZIONE
Le innumerevoli varianti presenti nel nostro ordinamento riguardo alla gestione e all'inquadramento dei rapporti nell'universo del lavoro hanno purtroppo generato negli anni parecchia confusione, contribuendo anche a dar vita a situazioni spesso al limite della legalità se non proprio a configurare nella realtà dei fatti violazioni alle regole esistenti in materia. La speranza è che, parallelamente alle riforme invocate, in primis quella del sistema fiscale, trovino finalmente spazio anche modifiche sostanziali riguardanti il mondo del lavoro, sia per incentivare e rilanciare l'occupazione, sia per fare chiarezza sui rapporti in essere e far sì che tutto diventi più semplice, lineare e regolare. È diffusa ad esempio la piaga delle false partite Iva, problema che si va a inserire in una più vasta realtà fatta di situazioni spesso di non facile definizione: a tal proposito è da considerare di sicuro interesse una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 24391 del 3 novembre 2020. Nell'occasione appena citata, infatti, i giudici hanno chiarito come un lavoratore che ha il compito di dare ordini a una parte del personale all'interno di un'azienda non debba essere considerato come un collaboratore, bensì come un dipendente a tutti gli effetti, e questo anche al di là di eventuali accordi intercorsi tra le parti, ossia fra il lavoratore medesimo e l'azienda presso cui egli ha prestato servizio. In molti casi, infatti, tali rapporti di lavoro vengono considerati come dipendenti anziché come autonomi in virtù della presenza di determinati fattori, come ad esempio la presenza del lavoratore nella sede aziendale, l'utilizzo da parte del lavoratore di mezzi e strumenti aziendali, la fruizione di buoni pasto, una certa continuità di retribuzione e il dover rispettare modalità e orari di lavoro indicati dai vertici aziendali.