05/09/2017 - IL DL SEMPLIFICAZIONI NON SALVA DAL PROCESSO PENALE PER FRODE FISCALE
Il processo penale per frode fiscale a carico di un imprenditore non prevede scappatoie o possibili vie di fuga nelle disposizioni normative degli ultimi anni, nemmeno nel decreto semplificazioni dl 2012: questo, in estrema sintesi, il contenuto espresso dalla Corte di Cassazione pochi giorni fa al cospetto delle osservazioni di un imprenditore accusato per l’appunto del reato in questione. Con la sentenza del 30 agosto 2017, n. 39541, i giudici hanno infatti confermato che le norme del decreto a cui l’imprenditore condannato faceva riferimento non possono salvare colui il quale subisce un processo per dichiarazione fraudolenta legata all’uso di fatture false. Il decreto di riferimento è il n. 16 del 2 marzo 2012, contenente “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 2 marzo 2012, ribattezzato per l’appunto come decreto semplificazioni. La Cassazione sostiene quindi che le norme del sopra citato decreto non possono essere applicate in casi in cui sia presente il reato in questione, e che il reato permae anche se il debito in oggetto è inferiore all’evasione. Le fatture soggettivamente false sono dunque indeducibili anche se il debito di imposta sarebbe inferiore alla stessa evasione fiscale: la Corte afferma che «Le disposizioni del dl semplificazioni si sono limitate a stabilire una regola per le procedure di accertamento tributario ai fini delle imposte sui redditi, stabilendo che non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell'ammontare non ammesso in deduzione, norma che non ha alcun riflesso sulle disposizioni penali relative all'incriminazione di condotte fraudolente quali quelle contestate».