11/09/2017 - EVASIONE CONTRIBUTIVA DEL DATORE, INTERVIENE LA CASSAZIONE
Di recente sono arrivati dei chiarimenti molto importanti per quel che concerne un argomento molto interessante e che interessa l’universo dei datori di lavoro, ossia la regolamentazione dell’evasione contributiva degli imprenditori, con focus particolare sul concetto di depenalizzazione: a intervenire è un soggetto molto autorevole, vale a dire la Corte di Cassazione, che si è espressa prendendo spunto da un caso concreto e pronunciandosi mediante una sentenza, la n. 39464 del 28 agosto 2017. Mediante tale sentenza, la Cassazione ha provveduto ad accogliere il ricorso presentato dalla procura di Palermo contro il proscioglimento di un datore di lavoro che, nei mesi di novembre e dicembre 2009, non aveva versato le ritenute in favore dei dipendenti per un ammontare superiore a 10 mila euro, attraverso un’interpretazione meritevole di particolare attenzione delle nuove norme, il cui riferimento è il Decreto Legislativo n. 8 del 15 gennaio 2016, recante per l’appunto “Disposizioni in materia di depenalizzazione, a norma dell'articolo 2, comma 2, della legge 28 aprile 2014, n. 67”. Il datore di lavoro, in sostanza, secondo i giudici è punibile se ha un debito con l’Inps superiore alla somma di 10mila euro nell’arco dell’anno solare, quindi da gennaio a dicembre; andando più nello specifico della questione, il reato oggi coincide o con il superamento, a partire dal mese di gennaio, dell'importo di euro 10.000 ove allo stesso non faccia più seguito alcuna ulteriore omissione, o con l'ulteriore o le ulteriori omissioni successive sempre riferite al medesimo anno ovvero, definitivamente e comunque, laddove anche il versamento del mese di dicembre sia omesso, con la data del 16 gennaio dell'anno successivo, a differenza di quanto accadeva virtù dell’applicazione delle norme precedenti, quando il reato si consumava in corrispondenza di ogni versamento mensile.