05/10/2017 - TARSU: IN PRESENZA DI DISSERVIZIO POSSIBILE LA RIDUZIONE DELLA TARIFFA
Il Decreto Legislativo n. 507 del 15 novembre 1993, avente come oggetto “Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale”, ha sancito la nascita della Tarsu, ossia della Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la cui applicazione è demandata ai Comuni sulla base del costo totale del servizio di raccolta e successivo smaltimento dei rifiuti, usando come parametro la superficie dei locali di abitazione e di attività dove possono avere origine rifiuti di varia natura. La tassa è dovuta al Comune per il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, oltre che di spazzamento delle strade pubbliche. Di recente, sull’argomento si è espressa la sezione tributaria civile della Corte di Cassazione, mediante l’ordinanza 22531/2017, accogliendo in parte il ricorso avanzato da una società alberghiera di Napoli in merito ad un avviso di pagamento notificato da Equitalia e considerato, precedentemente, legittimo dalla Commissione tributaria regionale campana. L’ordinanza in questione è di particolare rilevanza perché, sostanzialmente, afferma che nel caso in cui il cittadino subisca disfunzioni del servizio pubblico di raccolta protratte nel tempo, ha diritto alla riduzione della tariffa sui rifiuti: la riduzione della tariffa, per legge in misura non superiore al 40%, secondo i giudici “spetta per il solo fatto che il servizio di raccolta, debitamente istituito e attivato, non venga poi concretamente svolto, ovvero venga svolto in grave difformità rispetto alle modalità regolamentari relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta; così da far venire meno le condizioni di ordinaria e agevole fruizione del servizio da parte dell'utente”. La Cassazione, precisando che la riduzione in oggetto non va intesa come un risarcimento o come una sanzione nei confronti dell’amministrazione comunale, comunica che la stessa riduzione opera “al diverso fine di ripristinare, in costanza di una situazione patologica di grave disfunzione per difformità della disciplina regolamentare, un tendenziale equilibrio impositivo, entro la percentuale massima discrezionalmente individuata dal legislatore, tra l'ammontare della tassa comunque pretendibile ed i costi generali del servizio nell'area municipale, ancorché significativamente alterato”.