21/11/2017 - SENTENZA DELLA CASSAZIONE SUI RIMBORSI IRAP
L’IRAP indica l’Imposta Regionale sulle attività produttive e si appresta a compiere 20 anni, essendo stata introdotta ufficialmente per mezzo del Decreto Legislativo n. 446 del 15 dicembre 1997. A distanza di vent’anni dalla sua comparsa, come ogni provvedimento capace di incidere in maniera significativa e diffusa nella vita economica del Paese, è ancora molto attuale e di conseguenza richiede l’intervento dei giudici in merito a possibili difficoltà interpretative: a tale riguardo, è emblematico il recente intervento della Corte di Cassazione, teso a dirimere una questione inerente per l’appunto al diritto al rimborso in relazione ai costi sostenuti per alcune attività. L’intervento a cui facciamo riferimento è datato 17 febbraio 2017, è registrato come Sentenza n. 4235/2017 e ha come oggetto proprio i rimborsi IRAP. In particolare, la Cassazione ribadisce che la sola esistenza dei dati contenuti nel quadro RE, non è sufficiente a fondare né la pretesa di rimborso mossa dal contribuente, né tanto mento la pretesa impositiva dell’ente riscossore; inoltre, aggiunge che però l’entità e la natura dei suddetti costi giustifica l'esistenza del presupposto impositivo dell'IRAP quando "...il capitale investito non valga a rappresentare fattore aggiuntivo o moltiplicativo del valore rappresentato dalla mera attività intellettuale del professionista, ma risulti ad essa asservito ai fini dell'acquisto di attrezzatura che fungano da fattore produttivo di reddito, distinguibile da quello rappresentato dalla stessa attività intellettuale e/o dalla professionalità del lavoratore autonomo..". Il caso che ha portato alla Sentenza in questione muove dal ricorso presentato da un professionista contro la sentenza della CTR Lazio nel 2009, la quale confermando la decisione del giudice di prime cure, rigettava il ricorso avverso il silenzio rifiuto formatosi in merito all’istanza di rimborso dell'Irap versata per gli anni dal 1998 al 2001: il ricorrente denuncia il fatto che la C.R nel 2009 non abbia opportunamente giustificato la propria decisione di considerare l’esistenza di costi sostenuti e dalla loro costante ripetizione negli anni, come indice dell’esistenza di un'autonoma organizzazione. Tuttavia, la Corte ha chiarito che, trattandosi di istanza di rimborso, spetta al ricorrente, e non all'Ufficio, l’onere processuale di fornire la prova che consenta una più approfondita indagine dell’autorità giudicante.