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19/01/2018 - ACCERTAMENTI FISCALI: I DATI DI UN’INCHIESTA RACCOLTI DALLA GDF SONO QUASI SEMPRE UTILIZZABILI
L’accertamento fiscale rappresenta un tema di assoluta rilevanza per il nostro corpus normativo, anche per via della grande diffusione di fenomeni di elusione ed evasione presenti su tutto il territorio nazionale. La necessità di accertare correttamente la posizione fiscale dei contribuenti è talmente elevata da poter sopravanzare altre necessità rilevate dalla legge. La Corte di Cassazione ha provveduto in qualche modo a evidenziare tale concetto, evidenziando che: “In materia di accertamento delle violazioni di carattere tributario e di applicazione delle relative sanzioni, l'utilizzazione a fini fiscali di dati e documenti acquisiti dalla Guardia di finanza è subordinata al rispetto delle disposizioni dettate dalle norme tributarie, anche nell'ipotesi in cui la stessa operi nell'esercizio dei poteri di polizia giudiziaria, l'applicazione delle norme processualpenalistiche in materia di accertamento delle violazioni e di sanzioni”. Tale affermazione dei giudici si riferisce a una recente vicenda che ha coinvolto la Guardia di Finanza, la quale aveva fatto un'ispezione non autorizzata dalla Procura e in assenza del difensore presso la sede dell'azienda. Sulla base dei dati raccolti in barba alle garanzie del procedimento penale l'ufficio delle Entrate aveva comunque spiccato l'accertamento. Inutile impugnare l'atto impositivo di fronte ai giudici di legittimità e di merito che lo hanno ritenuto valido e reso definitivo. In definitiva, quindi, i dati raccolti dalla Guardia di finanza nell'ambito di un'inchiesta penale contro il contribuente in assenza del difensore e comunque in barba alle garanzie riservate all'indagato sono comunque utilizzabili per l'accertamento fiscale. Con due sole eccezioni: se il cittadino viene perquisito o viene fatta un'ispezione in casa non autorizzata dalla Procura