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01/02/2018 - ELUSIONE FISCALE ALLE STELLE NELL’AREA UE

“Negli ultimi tempi si è andata intensificando, fortunatamente, la cooperazione fra i diversi Paesi, specialmente fra quelli facenti parte dell’area UE –sono le parole della Dott.ssa Maria Emilda Sergio, Amministratore Unico del Caf Italia- in materia di lotta ai fenomeni di elusione e di evasione fiscale. Questa operazione, unita ovviamente all’intensificarsi di questa battaglia condotta all’interno di ogni singolo Stato, è di fondamentale importanza per ridurre, e si spera eliminare un giorno, il disperdersi di quote enormi di denaro destinate alle casse pubbliche e che invece alle casse dello Stato non arrivano mai. Come ripetuto tante volte – aggiunge l’Amministratore Unico Caf Italia- si tratta di un danno enorme per la collettività, perché ha come inevitabile conseguenza l’inasprimento della pressione fiscale su famiglie, contribuenti, aziende e su tutti i cittadini in genere, costretti a sopperire le mancanze di somme molto importanti”.

Vale 627 miliardi di euro la base imponibile nascosta solo nel 2015 da poche grandi multinazionali al Fisco di diversi Paesi, tra i quali Germania, Francia e Italia. In quell’anno, che non rappresenta un caso unico ma solo uno fra i molti nei quali gli stessi fenomeni si ripetono, è di duecento miliardi di euro il gettito sottratto ai governi attraverso la rete dei paradisi fiscali. Per l’Italia, il trasferimento artificiale all’estero dei ricavi alcune grandi multinazionali ha prodotto nel 2015 un’erosione di quasi un quarto della base imponibile del prelievo sulle società: 7,4 miliardi di euro in tutto, una perdita di 0,5% del reddito nazionale sul 2015 che con ogni probabilità si sta riproducendo ogni anno. In media, i Paesi dell’Unione Europea perdono così circa un quinto delle entrate alle quali avrebbero titolo dalle imprese: due terzi dei profitti esteri delle multinazionali americane nel 2015 (e il 45% di quelle di tutto il mondo) slittano verso i paradisi fiscali. E sulle spalle dei contribuenti ordinari degli Stati Uniti e dell’Europa pesano 60 miliardi di euro in più da pagare al posto di chi elude.

I tre più grandi paradisi fiscali per le grandissime imprese non sono però annidati in qualche isola dei Caraibi o dell’Oceano Pacifico. Al contrario, prosperano in gran parte indisturbati nel cuore della zona euro: Olanda, Lussemburgo e Irlanda sono tre piccoli Paesi, con poco più del 6% della popolazione dell’Unione monetaria, ma rappresentano nel complesso quasi metà dell’elusione fiscale internazionale delle grandi società. In gran parte questi tre Paesi operano in una maniera che non è in linea con le regole di trasparenza imposte, e questo viene fatto direttamente a danno degli altri, gli stessi con i quali condividono la moneta e severe regole di vigilanza sui bilanci pubblici. Il Lussemburgo, con aliquote bassissime su una base imponibile tanto artificiale quanto sterminata, presenta profitti societari tassabili pari a sette volte le medie europee (in rapporto al monte-salari). Del tutto fuori linea anche Irlanda e Olanda. Questi tre Paesi nel 2015 pesano da soli per 293 miliardi di euro di base imponibile societaria sottratta al resto del mondo, più di cento miliardi ciascuna per Irlanda e Olanda. Poco importa che proprio il governo dell’Aia sia stato in prima linea dall’inizio della crisi nell’esigere rigore di bilancio agli stessi Paesi ai quali nel frattempo sottraeva decine di miliardi di entrate fiscali. Ai grandi gruppi bastava registrare nei Paesi Bassi profitti realizzati nel resto d’Europa sulla vendita di servizi definiti «intangibili», perché digitali. Questi ricavi fatti apparire in Olanda con aliquote quasi a zero sono così vasti che l’avanzo estero del piccolo Paese sull’estero (80 miliardi di dollari) si avvicina ormai a quello della Cina (120 miliardi). L’occasione per far sì che emergessero questi dati è stata data da un incontro avente come oggetto i paradisi fiscali: a comunicarli, uno studio condotto da tre economisti, ossia Thomas Tørsløv e Ludvig Wier dell’Università di Copenaghen, insieme a Gabriel Zucman dell’Università di California a Berkeley.

“Prendere coscienza di situazioni di questo tipo - commenta la Dott.ssa Maria Emilda Sergio - fa un certo effetto, soprattutto alla luce di quanto vissuto dai contribuenti italiani, ma europei e di tutto il mondo occidentale in generale, a causa di una crisi globale di proporzioni inaudite, che ha travolto milioni e milioni di persone. È evidente che le istituzioni abbiano il dovere di continuare a lavorare per far sì che certe cose non accadano più –conclude l’Amministratore Unico del Caf Italia- e per questo motivo accogliamo con soddisfazione la cooperazione fra i vari Paesi per stornare fenomeni di evasione ed elusione fiscale troppo spesso sottovalutati ma dagli effetti devastanti. Correggere senza tentennamenti situazioni del genere è il primo fondamentale passo per realizzare quell’idea di equità fiscale ormai irrinunciabile, e che dovrà poi essere completata mediante l’applicazione di un Fisco più equo e meno pressante, soprattutto nel nostro Paese”.