La tassa rifiuti va pagata integralmente per quel che riguarda gli immobili destinati a uso commerciale, anche se su di esso vengono effettuati lavori di ristrutturazione: relativamente a tale affermazione è bene porre l’attenzione sulla parola “integralmente”, come premessa a quanto affermato da una recente sentenza della Corte di Cassazione. I giudici infatti, con Sentenza n. 8910 dello scorso 11 aprile 2018, hanno stabilito che in caso di lavori di ristrutturazione, spetta al titolare dell’immobile dimostrare, con apposita documentazione, l’inagibilità che rende lo stesso inutilizzabile, dando informazioni precise altresì su la durata e la modalità di esecuzione dei lavori. La Cassazione dunque sostiene che l’inutilizzabilità debba essere accertabile univocamente; nel caso oggetto della sentenza, invece, i giudici sottolineano come non sia stata prodotta documentazione comprovante l'avvenuta ristrutturazione ed attestante durata e modalità di esecuzione dei lavori, e come sia importante dimostrare se la ristrutturazione ha interessato l'intera unità immobiliare, impedendone quindi l'utilizzazione, o solo una parte. In merito all’attuale situazione normativa riconducibile a Tari e Tarsu, ricordiamo che il presupposto è l'occupazione o la detenzione di locali e aree scoperte a qualsiasi uso adibiti. Non sono soggetti a imposizione i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell'anno (ad esempio, quelli situati in luoghi impraticabili, interclusi o in stato di abbandono). Non sono soggetti al pagamento neppure gli immobili diroccati o inagibili, purché non vengano utilizzati. La legge prevede una presunzione relativa di produzione dei rifiuti che ammette la prova contraria. La sussistenza delle condizioni che fanno venir meno la presunzione devono essere provate dal contribuente e riscontrabili da parte dell'amministrazione.