04/07/2018 - AZIENDE ITALIANE OGGETTO DI UNA PRESSIONE FISCALE TRA LE PIŁ PESANTI IN EUROPA
“Studi statistici, ricerche, analisi, sono tutti strumenti di enorme importanza per inquadrare la realtà sociale o economica al centro di una determinata ricerca –sono le parole dell’Amministratore Unico del Caf Italia, la Dott.ssa Maria Emilda Sergio- ed è necessario valutare le informazioni desunte da tali lavori con la massima lucidità e con molta attenzione. Molto spesso i numeri che emergono, se ben interpretati, consentono di avere un’idea precisa dello stato attuale delle cose e forniscono al contempo –aggiunge la Dott.ssa Sergio- una chiave preziosa per pianificare e realizzare interventi mirati per risolvere determinate problematicità. Tale considerazione vale soprattutto in ambito fiscale, per un settore cioè sempre più complesso e che presenta numerosi aspetti su cui urge intervenire in maniera fattiva, efficace e addirittura radicale”.
I numeri vanno sicuramente interpretati e calati alla realtà analizzata, ma difficilmente mentono nel fornire quantomeno un quadro affidabile dal punto di vista statistico e quantitativo. E così, l’ennesima graduatoria in cui il nostro Paese non brilla per risultati conseguiti, rappresenta un ulteriore allarme per la salute del nostro tessuto produttivo e per il suo rapporto, sempre più complesso (per usare un eufemismo) col Fisco. Il sistema fiscale italiano è sempre più spesso associato a concetti quali “complessità”, “scarsa equità” e “insostenibilità”: purtroppo, numeri e studi non fanno altro che confermare tali tendenze negative. Le ultime notizie riguardano in particolare le imprese italiane, che si piazzano al secondo posto, a brevissima distanza dal primo occupato da quelle olandesi, per quel che riguarda la pressione fiscale subita dalle aziende nei principali Paesi Europei.
Le imprese nostrane, infatti, versano al Fisco una cifra molto importante, ossia 101,1 miliardi di euro ogni anno: prendendo in esame imposte, tasse, tributi e contributi previdenziali, l’incidenza del prelievo fiscale riconducibile ad esse sul gettito fiscale totale è pari al 14,1% in termini percentuali. Solo le aziende dei Paesi Bassi, con il 14,2%, devono sopportare un sacrifico più grande. Le imprese di altri Paesi invece si attestano su percentuali più basse, come ad esempio il 12,3% di Germania e Austria, l’11,6% della Spagna, l’11,4% del Regno Unito o il 10,2% della Francia, solo per citare alcuni esempi. La cosa preoccupante però è che, al cospetto di tali numeri e di tale consistente peso fiscale, le imprese non riescono a ricevere dallo Stato un aiuto effettivo per mettere in atto una reale crescita.
“Quello che preoccupa tutti quanti in maniera particolare non è solo la cronica impossibilità del sistema fiscale italiano di assumere contorni diversi, di maggiore sostenibilità –sostiene la Dott.ssa Maria Emilda Sergio, Amministratore Unico del Caf Italia- ma anche il fatto che non si riesca a utilizzare determinati introiti in maniera positiva per le imprese italiane, in costante e continua difficoltà nei loro tentativi di avviare un chiaro e reale processo di crescita. Ribadiamo con forza, ancora una volta –conclude la Dott.ssa Maria Emilda Sergio- che occorre intervenire in modo coraggioso per far sì che il Fisco sia realmente improntato su caratteristiche quali sostenibilità, trasparenza ed equità, e che possa di nuovo giocare un ruolo di primo piano nel rilancio e nella crescita del Paese”.