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11/10/2018 - CONDANNA PER EVASIONE, CHIARIMENTI DALLA CASSAZIONE
«In materia di reati tributari, il carattere residuale del reato di dichiarazione infedele, di cui all'articolo 4 del dlgs n. 74 del 2000, ne esclude il concorso con il delitto di frode fiscale, previsto dall'art. 2 del citato dlgs, quando la condotta materiale abbia a oggetto la medesima dichiarazione, esclusa l'ipotesi di una iniziale contestazione dell'art. 4, dlgs 74/2000, relativamente alla sola condotta di omissione di elementi attivi, e, successivamente, con una incriminazione relativa all'art. 2, dlgs 74/2000 per l'indicazione di elementi passivi per operazioni relative a fatture oggettivamente inesistenti; in quanto l'art. 4, dlgs 74/2000 mira a evitare la doppia incriminazione per la stessa condotta (anche se diversamente strutturata, una con frode e l'altra senza frode) ma non può essere invocato per l'incriminazione di condotte diverse, una per le omissioni di elementi attivi del reddito e l'altra per elementi passivi inesistenti (da fatture per operazioni inesistenti)». Questo quanto affermato dalla voce autorevole della Corte di Cassazione mediante la sentenza n. 41260 datata 25 settembre 2018, con la quale i giudici hanno provveduto a condannare in via definitiva un imprenditore che aveva dichiarato costi fittizi relativi a fatture false, omettendo per giunta di contabilizzare dei ricavi. Il soggetto in questione era incappato nella doppia incriminazione di frode fiscale e dichiarazione fraudolenta ma era stato poi assolto dalla seconda di queste accuse. Tuttavia, con la sentenza sopra citata, i giudici hanno evidenziato come anche in presenza di un’assoluzione per dichiarazione infedele rimane in piedi comunque l’incriminazione per frode fiscale relativa al medesimo anno d’imposta. La richiesta di annullamento della condanna anche per la frode fiscale non ha dunque convinto i giudici.