08/11/2018 - LA CORTE DEI CONTI METTE IN GUARDIA SU POSSIBILI RISCHI DELLA PACE FISCALE
“Il termine condono scatena sempre, immancabilmente, un vespaio di polemiche e discussioni –è l’opinione della Dott.ssa Maria Emilda Sergio, Amministratore Unico del Caf Italia- anche e soprattutto in relazione alla situazione politico-economica del nostro Paese e al particolare periodo storico in cui ci troviamo. Di conseguenza, non è mai facile affrontare serenamente e con la dovuta lucidità un argomento tanto delicato. Di sicuro sono di grandissimo valore al riguardo i parerei autorevoli di soggetti di un certo livello. E proprio uno di questi soggetti, ossia la Corte dei Conti, si è recentemente espressa in merito –continua la Dott.ssa Maria Emilda Sergio- mettendo in guardia dai possibili rischi che le recenti norme in materia fiscale potrebbero recare con sé. È a nostro avviso interesse di tutti vigilare affinché non si creino situazioni ancora più complesse in materia di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, autentiche piaghe per il nostro Paese”.
Il monito che giunge dalla Corte dei Conti è chiaro, perentorio e per certi versi anche abbastanza allarmante: esiste un rischio concreto che la pace fiscale possa generare problematiche importanti. In particolare, secondo la Corte, occorre prestare la massima attenzione al rischio che i contribuenti provvedano a pagare solo la prima rata prevista, al fine di usufruire dei benefici delle varie modalità di pace fiscale per poi smettere di pagare. Si tratta di una fattispecie tutt’altro che impossibile e che ha in realtà un precedente storico ben preciso: col condono tombale del 2002, infatti, si dovette giocoforza registrare la mancata riscossione di somme molto importanti dovute per l’appunto a titolo di pagamento rateale. Il problema non sarebbe circoscritto a questo, poiché potrebbe interessare anche processi verbali, atti di accertamento e l’integrativa speciale.
Altro aspetto per nulla secondario messo in luce dalla Corte dei Conti è quello legato a una questione tecnica: si tratta dell’aliquota del condono. Tale aliquota è stata fissata al 20% ed è, di fatto, secondo la Corte, una «imposta ontologicamente inferiore a quella che il contribuente avrebbe pagato alle scadenze ordinarie» e si istituisce di fatto un pagamento «tardivo» delle tasse «senza aggravio alcuno». Si tratta di un dato per nulla trascurabile, tanto che andranno valutati i profili di costituzionalità di tale aliquota, in quanto tutto ciò andrebbe in contrasto, violandoli, con i principi indicati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 175 del 1986. In merito alla questione della pace fiscale, l’Agenzia delle entrate sostiene che «Può anche avere successo, perché è un ravvedimento operoso più conveniente» ma «l’appeal della misura risente dei condizionamenti» della norma che non prevede «sanatoria penale» e ha «limitata base imponibile integrabile», e «esclude le disponibilità all’estero». Inoltre, secondo le Entrate, mancando l’elemento di confronto, risulta impossibile al momento fare stime relative al gettito.
“La discussione sulla bontà del provvedimento fiscale sono destinate sicuramente a prolungarsi e ad alimentare ulteriori dibattiti e confronti che, ci auguriamo –sostiene l’Amministratore Unico del Caf Italia- possano magari migliorare la norma in oggetto. Ad ogni modo ribadiamo il nostro invito a chi di competenza a prendere atto della necessità non più rinviabile di operare una riforma fiscale di più ampio respiro, che posa rendere l’intero sistema più agile e comprensibile per i cittadini, più trasparente, sostenibile ed equo. Si tratterebbe di un segnale forte al Paese- conclude la Dott.sa Maria Emilda Sergio- in un momento in cui sono sempre più urgenti interventi capaci di avvicinare lo Stato e il Fisco ai cittadini, anche nella loro veste di contribuenti”.